lunedì 17 dicembre 2012

Due barboni e un controllore

Tempo fa tornavo in treno da Venezia. Era un sabato sera e c'era parecchia gente a bordo.
Quasi giunto alla stazione di arrivo, mi alzo e mi dirigo verso l'uscita del vagone.
A quel punto noto la donna controllore che, libretto in mano, sta facendo la multa a una persona. Intercetto la frase di quest'ultima, che incurante dice: "...lei può chiamare anche la polizia, chi vuole, ma io la multa non la pago", con tono sereno e incurante.
Mi volto incuriosito e capisco che l'irregolare a bordo altro non è che un clochard, o barbone, come viene definita una persona senza dimora, un nullatenente.
In lui di barba non vi è comunque che una vaga, grigia traccia. I suoi capelli grigi brillano un po' di sporcizia e se nesta seduto tranquillo, braccia conserte e gambe accavallate, mentre il controllore prosegue nelle sue domande di rito. "Se non ha un documento allora mi deve dare i suoi dati, come si chiama, dove abita". La cosa inizia a farmi sorridere, la testardaggine e l'accanimento di questa giovane controllora non può che far sorridere, sia me che la gente attorno.
Di fronte a lui siede un amico, della stessa banda, che quando inizia a parlare rivela un alito da vino in cartone piuttosto pesante. E' ancora più sfacciato del suo amico, ride in faccia alla donna che gli chiede i suoi dati senza molto ritegno. E' avvinazzato, e se la gode. 
Oramai è quasi ora di scendere. Sorrido un'ultima volta di fronte a questa comico teatrino a cui ho preso parte osservante. Sorridono anche altre persone lì vicino, tranne chi se ne frega e magari disprezza questi barboni che dovrebbero "andare a lavorare". Mi chiedo se quella persona preposta al controllo dei biglietti non avrebbe potuto comprendere chi aveva di fronte, invece di eseguire a testa bassa. Certo, se l'avesse fatto non mi sarei goduto la scena. Un grazie anche a lei.

venerdì 14 dicembre 2012

Tutto tutto, niente niente

Antonio Albanese colpisce ancora.
Il suo nuovo film forse verrà presto ritirato dalle sale, sempre che lassù qualcuno ne capisca qualcosa!
Il lavoro mette in scena le disavventure dell'Italia contemporanea: un paese dominato dalla casta politica che fa tutto "senza dare troppo nell'occhio", ma che allo stesso tempo viaggia in limousine; dove il nord è in tumulto e non mancano i moti secessionisti, "Ich bin ein Wiene" intona Favaretto ad un tratto, imprenditore e sfruttatore di immigrati nel non più così ricco nord-est che vuole annettersi all'Austria. Viene in mente l'ultima uscita scimmiottata dalla lega alle conferenze: "prima il nord".
Tre personaggi interpretati da Albanese dunque, che da carcerati diventano parlamentari da un giorno all'altro imprimendo goliardia e tumulto ulteriori.
Laqualunque alle prese con una perdita di identità, Stoppato che da freakkettone in esilio vuole riformare la Chiesa, con una critica esplicita alla sua concezione di famiglia e all'attaccamento al denaro.
I vizi dei parlamentari e i loro usi e costumi ormai sotto gli occhi di tutti e molto altro.
Il tutto filtrato in chiave allegorica e pittoresca, un quadro tanto caldo e comico quanto poi, al negativo, lucido e inquietante.
Le scenografie e i costumi rendono il film surreale, come surrealmente trash sono i suoi protagonisti. 
Albanese ci fa ridere e ci fa capire quanto la realtà sia un teatro dell'assurdo in cui gli attori principali decidono tutto a nostra insaputa, le umili comparse.
E ci fa capire ancora una volta l'importanza di una risata, la sua potenza di fronte a tutto.